Il viaggio in Bolivia. La delegazione bergamasca a Cochabamba, nella struttura che si occupa dei bisogni dei bimbi

Il vescovo Beschi: «Servizio quotidiano delle persone affinché la vita dei più piccoli possa far nascere buoni frutti»

 

Per arrivare alla Ciudad de los Niños si sale su una delle colline su cui si sviluppa Cochabamba, città che nell’ultimo decennio ha subito una grande espansione e trasformazione.

Le nuove case hanno occupato lo spazio che prima divideva i quartieri e hanno creato nuove zone abitate. Sotto la Ciudad si apre la città, dove ancora spiccano le contraddizioni fra i modernissimi grattacieli e le costruzioni più umili.

Sono le voci dei bambini e dei ragazzi a darci subito il suono di questa piccola città nella città. Sono quasi in duecento ad accoglierci: gli ottanta bambini che vivono nella Ciudad, gli adolescenti che abitano nelle comunità giovanili per intraprendere percorsi di autonomia e il personale.

Nel grande villaggio c’è anche la comunità delle Suore Domenicane con due religiose brasiliane. Striscioni e palloncini ovunque, dove arriviamo c’è sempre una grande festa di accoglienza. Con i bambini c’è il grande gruppo degli educatori e il direttore bergamasco Fulvio Diploma, che vive qui con la moglie Betty.

 

 

La Ciudad ha festeggiato lo scorso anno i cinquant’anni di vita, frutto di un’intuizione di padre Antonio Berta e realtà legata al Patronato San Vincenzo. Fulvio ci racconta la genesi del progetto e quel sogno del fondatore che un giorno la Ciudad potesse chiudere, vedendo dissolversi i problemi legati all’abbandono, alla violenza e alla mancanza di accudimento dei più piccoli. «Purtroppo così non è stato e la situazione a livello sociale è addirittura peggiorata e pochi sono i luoghi che si occupano dei bambini. Dietro a molte storie c’è il dramma dell’alcolismo».

Lo spazio della Ciudad è grandissimo e ospita nove casette dove ogni educatrice vive con un gruppo di bambini. Rosario ci accompagna a visitare il piccolo appartamento dove abita con sette bambini, fratelli fra loro. C’è la cucina, la sala da pranzo, le camerette e i bagni. Le giornate sono tutte organizzate secondo turni in cui tutti, anche il più piccolo di quattro anni, danno il loro contributo per le pulizie, l’ordine e la cucina.

Durante il periodo scolastico le lezioni erano tutte on line e bisognava organizzare l’utilizzo dei dispositivi. «Viviamo come una famiglia in cui l’organizzazione deve dare attenzione e spazio a tutti perché la convivenza sia serena», spiega Rosario che, come le colleghe, vive con i bambini dal lunedì al venerdì 24 ore su 24 e viene sostituita nel fine settimana. «È un lavoro speciale, è una vocazione», ci dice sorridendo.

Don Fabio Calvi, giunto da Melga per partecipare alla festa, improvvisa un numero di magia con una moneta e incanta un gruppetto di bambini. Fulvio presenta al vescovo Francesco e alla delegazione bergamasca lo staff della Ciudad, che vede la presenza del medico pediatra, dell’assistente sociale, degli educatori e di alcuni psicologi «perché di quelli ne serve un buon numero».

Due bambini si avvicinano al vescovo con un palloncino in mano e lo accompagnano attraverso il cortile. Anche gli altri si uniscono e monsignor Beschi viene circondato da una nuvola di bambini festanti. Insieme si partecipa alla Messa, e il vescovo ricorda di aver visitato l’ultima volta la Ciudad nel 2009. «Questa mia nuova visita – dice – avviene in occasione dei 60 anni di cooperazione missionaria tra Bergamo e la Bolivia. Anche qui a Cochabamba vedo un’evoluzione e una crescita e il servizio quotidiano di persone che operano perché la vita di ciascuno, soprattutto quella dei più piccoli, possa veder nascere buoni frutti».

Dopo la Messa siamo invitati alla grande cena comunitaria con un ricco piatto di pollo, riso e verdura, tutti riuniti nel grande salone gremito di bambini e ragazzi. Per una settimana hanno preparato la festa, dedicando un po’ del loro tempo alle prove. Iniziano i balli tradizionali con costumi spettacolari e i salti dei piccoli «Conejitos» della scuola dell’infanzia. La festa trascina in pista anche gli italiani e la serata si conclude con il grande abbraccio dei bambini agli amici italiani.

 

SERVIZIO DI MONICA GHERARDI DE L’ECO DI BERGAMO